I problemi che dovevano affrontare i francesi erano molto più formidabili di quelli degli inglesi. Le colonie britanniche erano essenzialmente basate su territori vicini al mare, in cui il commercio europeo era da tempo stabilito e le cui popolazioni africane erano già abituate a produrre per il mercato mondiale. I francesi avevano una colonia di questo tipo in Senegal, ma da questa si erano espansi su territori vasti, remoti e scarsamente popolati che richiedevano investimenti molto considerevoli prima di poter essere amministrati o sviluppati in modo efficiente. In generale, il pubblico francese aveva molto meno capitale da investire all’estero rispetto al pubblico britannico. Nel 1936 si stimava che, mentre le colonie britanniche in Africa occidentale avevano attratto circa 560 milioni di dollari di capitale, il totale degli investimenti esterni in Africa occidentale francese ammontava solo a circa 155 milioni di dollari.
La strategia francese era inizialmente quella di aprire e sviluppare il suo impero africano occidentale da una base in Senegal sullo stesso asse del fiume Sénégal-Niger lungo il quale era stato conquistato. Già nel 1882 furono iniziati i lavori per una ferrovia per collegare i capi di navigazione dei due fiumi a Kayes e a Bamako (che divenne la capitale del Sudan francese). Ma questa linea non fu completata fino al 1906, a quel tempo era diventato evidente che Saint-Louis, alla foce del fiume Sénégal, non era in grado di svilupparsi in un porto moderno, e che il Sénégal era veramente adatto alla navigazione solo per tre mesi all’anno. Così prima fu completata una ferrovia da Saint-Louis al nuovo porto di Dakar sotto Capo Verde (1885), e poi durante il 1907-24 una linea fu costruita direttamente da Dakar (dal 1902 la capitale federale dell’Africa Occidentale Francese) a Kayes per bypassare completamente il fiume Sénégal.
La costruzione di un efficace sistema di trasporto ovest-est dalla costa all’alto Niger richiese quindi circa 42 anni per essere completato, e l’unica parte di esso che era redditizia era quella che serviva le aree di coltivazione di arachidi del Senegal. Ci fu un ritardo di circa 20 anni dopo il 1924 prima che il Sudan francese, poco popolato e impoverito, potesse rispondere allo stimolo delle sue migliori comunicazioni con il mondo esterno. Infatti l’unica coltura importante sviluppata per il mercato mondiale che poteva sopportare gli alti costi di trasporto verso la costa – su circa 700 miglia di ferrovia – era il cotone, e questo solo dopo considerevoli ulteriori investimenti nell’irrigazione. In definitiva il principale ruolo economico del Sudan era quello di fornire generi alimentari al Senegal, i cui contadini trovarono più redditizio concentrarsi sulla coltivazione di arachidi per l’esportazione.
Dal 1914 la strategia economica francese si era spostata dal concetto di apertura dei territori interni del Sudan francese, Alto Volta e Niger, all’incoraggiamento della produzione agricola nelle colonie costiere. In misura limitata, la strada fu aperta dalle piantagioni europee, soprattutto forse in Costa d’Avorio. Generalmente queste colonie furono rese remunerative da pressioni amministrative per indurre gli agricoltori africani a produrre per l’esportazione. Alla fine, proprio come l’economia del Senegal era diventata in gran parte dipendente dall’esportazione di arachidi, così quella della Guinea francese divenne dipendente dalle banane (anche se proprio alla fine del periodo coloniale, il capitale europeo e americano iniziò lo sfruttamento con successo di considerevoli depositi di bauxite e minerale di ferro), e le economie del Dahomey e del Togo (dopo la sua conquista dalla Germania) divennero dipendenti dai prodotti di palma. I successi più drammatici furono raggiunti in Costa d’Avorio, dove furono sviluppate considerevoli esportazioni di caffè, cacao, banane e legname. Furono costruite ferrovie da punti adatti sulla costa per facilitare l’esportazione di queste colture.
Nei 45 anni dal 1912-13 al 1956-57, i francesi avevano aumentato il commercio estero del loro impero dell’Africa occidentale da circa 58 milioni di dollari l’anno a circa 600 milioni di dollari l’anno, con il risultato che le entrate disponibili per le loro amministrazioni coloniali aumentarono da circa 8,5 milioni di dollari l’anno a ben 315 milioni di dollari. (Queste cifre escludono la parte del Togo che fu incorporata nell’impero francese solo dopo il 1914-18, e il cui commercio e le cui entrate a metà degli anni ’50 valevano rispettivamente circa 24 milioni di dollari e 4 milioni di dollari all’anno). In termini assoluti in relazione alla popolazione totale, che nello stesso periodo si pensa sia raddoppiata fino a una stima di 19 milioni, i risultati non erano così spettacolari; nel 1956-57 il commercio estero pro capite ammontava complessivamente a circa 32 dollari e le entrate del governo a circa 17 dollari. L’importanza delle cifre è anche oscurata dal sistema federale a cui tutte le colonie tranne il Togo erano soggette e che era deliberatamente usato per consentire alle colonie più ricche di aiutare quelle più povere. Le cifre del commercio e delle entrate non possono essere facilmente suddivise tra le singole colonie. Mentre i prodotti nazionali lordi (PNL) stimati per il Senegal e la Costa d’Avorio erano rispettivamente dell’ordine di 180 e 160 dollari pro capite (il primo notevolmente gonfiato dal possesso da parte della colonia della capitale federale), solo il Togo (circa 73 dollari) e la Guinea francese e il Sudan (circa 58 e 53 dollari, rispettivamente) si pensava avessero PNL pro capite superiori ai 40 dollari.