La crio-microscopia elettronica rompe finalmente la barriera della risoluzione atomica

La crio-microscopia elettronica rivela i dettagli atomici dell’apoferritina, un complesso proteico cavo e sferico che conserva il ferro.

Paul Emsley/MRC Laboratory of Molecular Biology

Se vuoi mappare le parti più piccole di una proteina, hai solo poche opzioni: Si possono costringere milioni di molecole di proteine individuali ad allinearsi in cristalli e analizzarli usando la cristallografia a raggi X. Oppure si possono congelare copie della proteina e bombardarle con elettroni, un metodo a bassa risoluzione chiamato microscopia crio-elettronica (cryo-EM). Ora, per la prima volta, gli scienziati hanno affinato la risoluzione della crio-EM a livello atomico, permettendo loro di individuare le posizioni dei singoli atomi in una varietà di proteine ad una risoluzione che rivaleggia con quella della cristallografia a raggi x.

“Questo è semplicemente incredibile”, dice Melanie Ohi, un esperto di crio-EM all’Università del Michigan, Ann Arbor. “Vedere questo livello di dettaglio è semplicemente bellissimo”. Poiché l’elevata risoluzione rivela esattamente come le complesse macchine cellulari svolgono il loro lavoro, i miglioramenti nella crio-EM dovrebbero produrre innumerevoli nuove intuizioni in biologia.

Per mappare le strutture delle proteine, gli scienziati hanno utilizzato la cristallografia a raggi X dalla fine degli anni ’50. Bombardando le proteine cristallizzate con i raggi X e analizzando il modo in cui i raggi X rimbalzano, gli scienziati possono elaborare la probabile composizione e forma di una proteina. Decenni di miglioramenti ai fasci di raggi X, ai rivelatori e alla potenza dei computer hanno reso l’approccio veloce e accurato. Ma l’approccio non funziona bene quando le proteine sono eccezionalmente grandi, lavorano in complessi come il ribosoma, o non possono essere cristallizzate, come nel caso di molte proteine che si trovano nelle membrane cellulari.

Al contrario, i ricercatori che usano il cryo-EM sparano elettroni a copie di proteine congelate che non devono essere cristallizzate; i rilevatori registrano le deviazioni degli elettroni e un software sofisticato mette insieme le immagini per capire la composizione e la forma delle proteine. I ricercatori in Giappone avevano precedentemente dimostrato di poter restringere la risoluzione a 1,54 angstrom – non proprio raggiungendo il punto in cui potevano distinguere i singoli atomi – in una proteina intestinale chiamata apoferritina, che lega e memorizza il ferro. Ora, con l’aiuto di miglioramenti nella tecnologia del fascio di elettroni, rivelatori e software, due gruppi di ricercatori – dal Regno Unito e Germania – hanno ristretto che a 1,25 angstrom o meglio, abbastanza forte per lavorare fuori la posizione dei singoli atomi, riportano oggi in Nature.

La risoluzione migliorata potrebbe accelerare un passaggio a cryo-EM già in corso tra biologi strutturali. Per ora, la tecnica funziona solo con le proteine che sono insolitamente rigide. In seguito, i ricercatori si sforzeranno di raggiungere una simile risoluzione nitida con complessi proteici meno rigidi e di grandi dimensioni, come lo spliceosoma, un grande complesso di proteine e molecole di RNA che taglia gli “introni” dall’RNA destinato ad essere convertito in proteine.

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