Aratus

Aratus, (fiorito c. 315-c. 245 a.C., Macedonia), poeta greco di Soli in Cilicia, meglio ricordato per il suo poema sull’astronomia, Phaenomena.

Ha risieduto alla corte di Antigono II Gonatas, re di Macedonia, e Antioco I di Siria. I Phaenomena, un poema didattico in esametri, è la sua unica opera completamente esistente. I versi 1-757 versificano un’opera in prosa sull’astronomia di Eudosso di Cnido (c. 390-c. 340), mentre i versi 758-1154 trattano dei segni meteorologici e mostrano molta somiglianza con il De signis tempestatum dello Pseudo-Teofrasto. Il poema divenne immediatamente popolare e provocò molti commenti, il più importante dei quali è di Ipparco (c. 150 a.C.) ed è ancora esistente. Nella forma, i Phaenomena appartengono alla scuola alessandrina, ma lo stoicismo dell’autore aggiunge una forte nota di serietà. Fu ammirato da Callimaco e godette di un’alta reputazione tra i romani. Cicerone, Germanico Giulio Cesare e Avieno lo tradussero; sopravvivono le due ultime versioni e frammenti di quella di Cicerone. Un verso della famosa invocazione iniziale a Zeus divenne ancora più famoso perché fu citato nel Nuovo Testamento (Atti 17:28): Perché “in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo”; come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: “Perché anche noi siamo la sua progenie””

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